🇮🇹 Catalog text for Dominium Melancholiae, Tony Fiorentino's solo show curated by Doppelgaenger gallery at the Salenbauch space in Venice, June 1 2013.
Ogni artista che voglia interessarsi alla malinconia, deve prima fare i conti con un’eredità culturale pesantissima e impossibile da ignorare. Tony Fiorentino non si è sottratto a questo compito, e alla sua “missione” speculativa: con Dominium Melancholiae dimostra, anzi, di saperla affrontare alla stregua di un artista maturo e già avanti negli anni. Riesce assai difficile inquadrare l’attività di Tony Fiorentino in una categoria artistica definita. Egli è a tratti fotografo, performer, scultore, e sin qui i suoi interventi nascono e si sviluppano sempre in un perfetto equilibrio di solennità e ironia. Rispetto alle produzioni precedenti, però, Dominium Melancholiae si fa carico di una tradizione artistica e filosofica immensa, che va dall’antichità alla psicanalisi, da Dürer a Lars von Trier.
È proprio con Melancholia I di Albrecht Dürer, incisione realizzata nel 1514 – forse la più celebre rappresentazione che il mondo moderno ha della malinconia – che la riflessione di Tony, raffinatissima e sorprendente, ha inizio. Più precisamente, Tony ha preso spunto da un particolare dell’incisione: in prossimità dell’angolo alto sinistro, si apre un orizzonte marino, nel quale una città appare in parte sommersa dalle acque. Il ragionamento di Tony ha origine dall’ipotesi, remota ma suggestiva, che la città in questione fosse Venezia. Non è un caso, dunque, che l’artista abbia eletto proprio Venezia come teatro nel quale presentare il suo ultimo lavoro. Nell’incisione, la cometa proviene da Saturno, e come ci ricorda Erwin Panofsky, che lungamente ha trattato della malinconia nei suoi studi, da Saturno dipendevano maree e inondazioni. Il malinconico era colui che aveva ricevuto in dono la preveggenza delle catastrofi.
L’intervento di Tony non mira ad aggiungere qualcosa tanto al discorso teorico, quanto in realtà alle sue modalità rappresentative. E Dominium Melancholiae mischia l’arte alla chimica, la scultura alla performance, la tradizione alla sperimentazione: attraverso l’immersione di un lamierino di zinco in dell’acqua distillata mista ad acetato di piombo – metallo che, ricordiamo, da sempre è associato a Saturno – si dà origine al cosiddetto elettroalbero di Saturno, una vegetazione chimica caratterizzata da ramificazioni imprevedibili e delicate. Il colore della scultura, contenuta in un’ampolla di vetro, è tendente al nero: ennesimo richiamo all’atrabile, la bile nera, uno dei quattro umori del corpo ipotizzati da Ippocrate di Coo. In greco, melancholía deriva proprio dall’associazione delle due parole μέλας, “nero” e χολή, “bile”. Dominium Melancholiae è dunque un esperimento artistico caratterizzato da una forte valenza concettuale e da una conoscenza profonda della tradizione artistica e filosofica occidentale: le ampolle, poste in prossimità delle finestre dello Spazio Salenbauch, vigilano sulle calli veneziane, in attesa della prossima mareggiata.
Ogni artista che voglia interessarsi alla malinconia, deve prima fare i conti con un’eredità culturale pesantissima e impossibile da ignorare. Tony Fiorentino non si è sottratto a questo compito, e alla sua “missione” speculativa: con Dominium Melancholiae dimostra, anzi, di saperla affrontare alla stregua di un artista maturo e già avanti negli anni. Riesce assai difficile inquadrare l’attività di Tony Fiorentino in una categoria artistica definita. Egli è a tratti fotografo, performer, scultore, e sin qui i suoi interventi nascono e si sviluppano sempre in un perfetto equilibrio di solennità e ironia. Rispetto alle produzioni precedenti, però, Dominium Melancholiae si fa carico di una tradizione artistica e filosofica immensa, che va dall’antichità alla psicanalisi, da Dürer a Lars von Trier.
È proprio con Melancholia I di Albrecht Dürer, incisione realizzata nel 1514 – forse la più celebre rappresentazione che il mondo moderno ha della malinconia – che la riflessione di Tony, raffinatissima e sorprendente, ha inizio. Più precisamente, Tony ha preso spunto da un particolare dell’incisione: in prossimità dell’angolo alto sinistro, si apre un orizzonte marino, nel quale una città appare in parte sommersa dalle acque. Il ragionamento di Tony ha origine dall’ipotesi, remota ma suggestiva, che la città in questione fosse Venezia. Non è un caso, dunque, che l’artista abbia eletto proprio Venezia come teatro nel quale presentare il suo ultimo lavoro. Nell’incisione, la cometa proviene da Saturno, e come ci ricorda Erwin Panofsky, che lungamente ha trattato della malinconia nei suoi studi, da Saturno dipendevano maree e inondazioni. Il malinconico era colui che aveva ricevuto in dono la preveggenza delle catastrofi.
L’intervento di Tony non mira ad aggiungere qualcosa tanto al discorso teorico, quanto in realtà alle sue modalità rappresentative. E Dominium Melancholiae mischia l’arte alla chimica, la scultura alla performance, la tradizione alla sperimentazione: attraverso l’immersione di un lamierino di zinco in dell’acqua distillata mista ad acetato di piombo – metallo che, ricordiamo, da sempre è associato a Saturno – si dà origine al cosiddetto elettroalbero di Saturno, una vegetazione chimica caratterizzata da ramificazioni imprevedibili e delicate. Il colore della scultura, contenuta in un’ampolla di vetro, è tendente al nero: ennesimo richiamo all’atrabile, la bile nera, uno dei quattro umori del corpo ipotizzati da Ippocrate di Coo. In greco, melancholía deriva proprio dall’associazione delle due parole μέλας, “nero” e χολή, “bile”. Dominium Melancholiae è dunque un esperimento artistico caratterizzato da una forte valenza concettuale e da una conoscenza profonda della tradizione artistica e filosofica occidentale: le ampolle, poste in prossimità delle finestre dello Spazio Salenbauch, vigilano sulle calli veneziane, in attesa della prossima mareggiata.
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