Nel corso della mia vita ho incontrato non più di una o due persone che comprendessero l’arte del Camminare, ossia di fare passeggiate, che avessero il genio, per così dire, del vagabondare.
H.D. Thoreau, Camminare
L’astrattismo, a pensarci bene, è una particolare forma di vagabondaggio.
È, anzitutto, quella speciale libertà che permette al pittore di percorrere la superficie che si è scelto, senza dover pagare alcun tributo mimetico alla realtà che lo circonda. E tuttavia, dai Passages di Walter Benjamin in poi, e cioè da quando la figura del flâneur è stata codificata, l’atto del vagabondare non sottintende mai la rinuncia assoluta a darsi una direzione. La flânerie implica sempre l’esplorazione, cioè l’osservazione attiva dell’ambiente circostante, così allo stesso modo l’astrattismo mira a esplorare criticamente la superficie pittorica nelle sue due principali dimensioni esistenziali: quella fisica – materiale, formale, tecnica, stilistica – e quella metafisica – immaginaria, ideale, simbolica, interiore.
Ma cosa accade se questi due tipi di vagabondaggio – pedestre e artistico – coincidono? Soprattutto, quando possiamo dire che essi coincidono?
Nel corso della mia vita ho incontrato non più di una o due persone che comprendessero l’arte del Camminare, ossia di fare passeggiate, che avessero il genio, per così dire, del vagabondare.
H.D. Thoreau, Camminare
L’astrattismo, a pensarci bene, è una particolare forma di vagabondaggio.
È, anzitutto, quella speciale libertà che permette al pittore di percorrere la superficie che si è scelto, senza dover pagare alcun tributo mimetico alla realtà che lo circonda. E tuttavia, dai Passages di Walter Benjamin in poi, e cioè da quando la figura del flâneur è stata codificata, l’atto del vagabondare non sottintende mai la rinuncia assoluta a darsi una direzione. La flânerie implica sempre l’esplorazione, cioè l’osservazione attiva dell’ambiente circostante, così allo stesso modo l’astrattismo mira a esplorare criticamente la superficie pittorica nelle sue due principali dimensioni esistenziali: quella fisica – materiale, formale, tecnica, stilistica – e quella metafisica – immaginaria, ideale, simbolica, interiore.
Ma cosa accade se questi due tipi di vagabondaggio – pedestre e artistico – coincidono? Soprattutto, quando possiamo dire che essi coincidono?
Le azioni e le creazioni di Eltono e di StenLex sono, in tal senso, emblematiche, perché entrambe nascono precisamente in questo curioso incrocio di erranze stradali e segniche: entrambi astrattisti, ma anche entrambi artisti dello spazio pubblico urbano. StenLex applicano alla pelle della città l’intrigante tatuaggio di una sperimentazione formale e coloristica che spazia, in eguale misura, dal gribouillis all’optical, dal bianco e nero alle più recenti (e inedite) proposte policrome. Per Eltono, invece, la città – nella fattispecie, Barivecchia – è il teatro di una flânerie vera e propria, generata dal lancio di un dado, di cui l’artista si serve per decidere in quale vicolo svoltare e perdersi: le opere esposte raffigurano precisamente la traccia degli itinerari percorsi dall’artista.
Ancorché differenti nel metodo e negli esiti, entrambi gli approcci di cui questa mostra si fa portavoce sembrano nascere da un’esigenza comune: confondere lo spazio materiale della prassi quotidiana urbana con quello mentale e creativo della sperimentazione artistica.
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